23 Mar Recensione Psicologica Forma dell’Acqua
Recensione Psicologica Forma dell’Acqua
Un Film di Successo: “La Forma dell’Acqua”
Una riflessione ispirata dall’ultimo Oscar assegnato poche settimane fa a Los Angeles, quello per il miglior film, vinto da La forma dell’acqua, che ha ottenuto quattro riconoscimenti, tra cui, per Guillermo Del Toro, il premio per la miglior regia.
La storia ambientata negli anni 60, a Baltimora, in piena guerra fredda, vede un’equipe di scienziati americani, in un laboratorio di ricerca del governo impegnati a studiare una strana creatura anfibia rinvenuta nelle acque dell’Amazzonia. Elisa è una giovane donna muta che si occupa delle pulizie nel laboratorio, lì incontra “il mostro” tenuto prigioniero in una vasca. Elisa incuriosita instaura una forma comunicazione che la guida nella comprensione dell’intelligenza e della sensibilità dalla creatura.
Fanno da sfondo alla storia un intreccio di relazioni, talune calde e intense, altre gelide e brutali.
Recensione Psicologica Forma dell’Acqua. Chi è il mostro? A chi ci rimanda?
Guillermo del Toro, il regista, ci fa sapere che dopo essersi occupato per molti anni dei suoi incubi giovanili ha deciso di dare vita e corpo ai suoi sogni. Ci dice anche che per scrivere la sceneggiatura de La forma dell’acqua gli sono stati necessari 6 anni e che è una storia che ha dentro di sé da sempre.
Ed è proprio su quel “da sempre” che è nata una considerazione. Un pensiero attratto dalla forza gravitazionale dell’anomalia, quella creatura mostruosa in qualche modo ci appartiene, si rifrange nell’oscuro patrimonio comune, sta lì a dimostrare a tutti noi, che universalmente condividiamo, o dovremmo condividere, un codice di base che ci fa considerare il bene e il male.
I nostri avi, gli antichi greci imparavano dai miti a riconoscere e a differenziare tutta la vasta gamma dei sentimenti, nei miti era presente tutta la fenomenologia dei sentimenti umani.
Così oggi attraverso varie forme di narrazione, tra cui il cinema con le sue magiche suggestioni, ci troviamo a misurarci con i sentimenti.
I sentimenti ci trascinano a volte nella loro schiacciante complessità, scorgiamo la presenza del male, che conosciamo molto bene, è qualcosa che ci fa paura ma a cui pensiamo di non poterci sottrarre.
Recensione Psicologica Forma dell’Acqua. Una favola per un tempo inquieto.
Spesso siamo convinti di doverlo assumere dentro di noi se non altro per difenderci e per renderci, crediamo noi, più forti. Siamo indotti ad acconsentire che ciò che è violento, ingiusto, immorale, sconveniente e disonesto permei questa nostra stagione, oggi facciamo più fatica a distinguere il bene dal male, il bene non è l’orientamento primario, le cronache ci inondano di orrori che in maniera più o meno subliminale ci portano a considerarli “la tendenza del momento”.
Ne La forma dell’acqua assistiamo ai due fronti istituzionali: Americani e Russi intenti a combattere la loro guerra di potere, due fronti compatti perfettamente allineati su obiettivi identici, impegnati in una battaglia anonima e impersonale, personaggi dalle tinte livide, membri di un mondo cupo, privo di sfumature. Il male prende la sua forma.
È la rappresentazione a cui il regista ci rimanda, “una favola per un tempo inquieto” come lui stesso la definisce,
Un grande filosofo come Immanuel Kant sosteneva che non c’è bisogno di definire la differenza tra bene e male perché ognuno la sente naturalmente dentro di sé.
Recensione Psicologica Forma dell’Acqua. Ma oggi, per noi, questo è vero?
Ed ecco che nel film La forma dell’acqua, il regista Del Toro ci conduce in un non luogo dove la parola è superflua. Ci suggerisce un linguaggio antico che si dipana nel dialogo tra la giovane donna muta, forte delle sue relazioni amorevoli con i marginali e la creatura anfibia, essere mitologico che ci richiama alla memoria i sentimenti, mostro senza voce, abitatore degli abissi, puro e nel contempo terrifico, portatore di una profonda potenza. È un personaggio sacro, dilaga nella nostra immaginazione, il suo spazio comprende massima ferocia e potere taumaturgico, e, nel dispiegarsi della narrazione, assistiamo alla comparsa del principio dell’amore che prende forma, diviene vitale ma nel contempo ci rivela il suo lato oscuro, spaventoso, di straordinaria forza e intensità. Proviamo empatia per l’essere che abita il profondo, muto anch’esso ma capace di significare i propri gesti con sfumature luminescenti.
Un filo ci connette tutti buoni, cattivi innocenti e colpevoli, vicini e lontani. Ci accostiamo ai sentimenti galleggiando con stupore, ci scolliamo dalle interpretazioni sociologico-antropologiche per immergerci in un mondo che sta in un altrove, un mondo “radice” che ci costringe a sintonizzarci sul tono dei nostri stati affettivi.
Recensione Psicologica Forma dell’Acqua. I sentimenti.
I sentimenti non sono un talento naturale, si insegnano e si imparano, si acquisiscono culturalmente, a differenza delle emozioni che in quanto reazioni innate sono del tutto indipendenti dal pensiero, i sentimenti ci permettono di essere consapevoli di quello che si muove dentro di noi, dando un significato ai nostri stati d’animo.
È forse per questo che l’ultimo film di Guillermo Del Toro, La forma dell’acqua è stato apprezzato dal pubblico e premiato dalla critica, per la sua capacità di risvegliare con il guizzo fantastico del narratore esperto, un’immediata e preziosa rivincita sul cedimento in atto della nostra morale collettiva, interiore e soggettiva.
Riesce a connetterci con i nostri frammentati migliori sentimenti, ci educa, attraverso le immagini di una fiaba sapiente, ci indica una via che può costituirsi come antidoto alla cecità emotiva di cui siamo un po’ tutti portatori. Questo film ci suggerisce, se lo sappiamo ascoltare, con il suo timbro immaginifico, i luoghi del contenimento della violenza, una spinta a progredire partendo dal riconoscimento dell’altro.
La dott.ssa Giovanna Carnazza è Psicologa e Psicoterapeuta
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