13 Apr Essere un Buon Genitore: 5 cose da sapere
Essere un Buon Genitore: 5 cose da sapere
Genitore perfetto o buon genitore?
Un famoso pediatra e psicologo inglese Donald Winnicott ha coniato la dizione “genitore sufficientemente buono.” che ormai è divenuta di dominio pubblico, utilizzata da tutti, o quasi.
Semplicemente significa che il genitore perfetto non esiste.
Vuol dire per esempio che una madre può vivere le infinite oscillazioni di paure, ansie, stanchezze rifiuti, ma restando sempre nel territorio della spontaneità, capace di rispondere ai bisogni del figlio in modo da consentirgli una crescita “sufficientemente sana”.
Proviamo a vedere che cosa significa più precisamente. Innanzitutto un genitore deve possedere la capacità di sapersi mettere nei panni di un bambino per capire di che cosa ha realmente bisogno, e questa, come vedremo, è una funzione fondamentale.
L’importanza per un buon genitore dell’accudimento fisico
Come primo punto questo genitore deve saper rispondere alle esigenze innanzitutto fisiche del bambino, al suo bisogno di essere accudito e di sentirsi al sicuro pensiamo al neonato, bisognoso di tutto, i bisogni fondamentali del piccolo sono legati ad aspetti squisitamente corporei come mangiare, essere lavato, stare alla giusta temperatura, avere una routine equilibrata, eccetera. Parlo di bisogni corporei perché sono, quando il bambino viene al mondo, gli aspetti basilari, più evidenti e da cui non possiamo prescindere. Avere attenzione, essere in grado di accudire, proteggere e avere capacità di riconoscere quali sono le esigenze fisiche del bambino è la prima funzione di un buon genitore che costruirà per il bambino una “base sicura” (John Bowlby “Una base sicura”) da cui partire.
Può sembrare banale ma non sempre i bambini sono in grado di esprimere i loro bisogni o perché sono troppo piccoli o perché non riescono a comunicarlo o ancora perché lo comunicano in un modo tutto loro, ad esempio con il pianto o con i “capricci” o con una eccessiva agitazione magari perché sono stanchi e non hanno dormito abbastanza.
Ma, come risulta evidente, queste sono le “capacità” basilari richieste, senza le quali il piccolo non potrebbe sopravvivere.
Vi sono inoltre molte altre definizioni che sintetizzano il buon genitore e hanno a che vedere con le caratteristiche individuali e le buone capacità di entrare in relazione con gli altri.
La capacità di prendersi cura dell’altro, è una strada che richiede continui riadattamenti dello stile di vita ma anche della capacità di accettare i continui cambiamenti a cui si assiste nella crescita di un figlio.
Un buon genitore e la sua capacità di esprimere affetto
Un secondo aspetto molto rilevante consiste nella capacità del genitore di saper esprimere e manifestare affetto, che possa essere trasmesso al bambino, dove le emozioni positive che l’adulto sente sono condivise e sentite insieme.
Questa è una funzione molto importante perché è proprio attraverso la percezione delle emozioni che il bambino “costruisce” il suo mondo affettivo e di relazione.
In più, la capacità di riconoscere le esigenze psicologiche del figlio, che non sono meno importanti di quelle fisiche, permette di riuscire a sintonizzarsi sugli stati emotivi del bambino, entrare in contatto con lui e trovare gli strumenti per rassicurarlo e contenerlo.
Un buon genitore coglie i segnali che il figlio manda
La terza caratteristica che sarà utile riconoscere e imparare a sviluppare per riuscire ad essere un buon genitore ha a che fare con la capacità di essere in grado di “prevedere” le tappe di crescita del proprio figlio, questo significa essere capaci di percepire in quale stato della crescita è il bambino e riuscire a capire e immaginare come sarà e di che cosa avrà bisogno nello stadio successivo.
Un bambino di tre anni, ad esempio, non ha gli stessi bisogni di un bambino di cinque anni e il comportamento del genitore dovrà riuscire ad essere adeguato rispetto al momento attuale ma anche essere capace di prevedere come si evolverà, e per ciò un “buon genitore” dovrà lui stesso cambiare i suoi modi di comportamento e di relazione con il proprio figlio.
Saper cogliere i segnali di un figlio che cresce è anche un aspetto molto importante.
Che cosa significa?
Un buon genitore “aggiorna” di continuo il proprio sistema
Significa, e questo è un quarto punto rilevante, attivare la capacità di “aggiornare” le informazioni che il bambino ci manda, che sono in continuo cambiamento e vanno di pari passo con la sua crescita. Il “buon genitore” è quindi chiamato a modificare di continuo la visione che ha del bambino adattandola di continuo alla sua crescita, imparando a modificare il progetto strada facendo. Per esempio capire quando è il momento giusto di spingere il bambino verso il mondo esterno.
Il buon genitore e le regole
Ed ecco ora, come quinto punto, ma non ultimo per importanza, una funzione che per molti genitori è difficile da esprimere con equilibrio, mi riferisco alla capacità del “buon genitore” di saper dare delle regole, la cosiddetta funzione normativa, cioè la capacità di dare dei limiti, porsi come esempio di una struttura che faccia da riferimento, una sorta di cornice dentro cui il bambino possa muoversi sentendosi sicuro e protetto. Questo è un bisogno importante del bambino, il quale attraverso le abitudini e le regole si sente rassicurato da un mondo che via via impara a conoscere e che gli si presenta come prevedibile, famigliare e non sconosciuto e destabilizzante.
I modelli del passato e il buon genitore
I modi in cui ognuno esercita il ruolo di genitore possono essere molti diversi; tendono a diventare parte integrante dei nostri comportamenti.
Ci si accorge di avere fatto propri i modelli che, a loro volta nel nostro passato, si sono presi cura di noi nell’ambiente famigliare in cui siamo cresciuti.
Questi modelli ci suggeriranno una seri di comportamenti, anche se non obbligatoriamente seguiamo sempre questi modelli.
Infatti un “buon genitore” è capace di spezzare la catena che riguarda quello che ha imparato e sceglie che cosa è buono e può riproporre e che cosa è meglio non tenere.
È importante riuscire a non ripetere con i propri figli proprio ciò che non ci è piaciuto quando eravamo noi i piccoli. A volte quando ci si rende conto che questo modello è troppo difficile da interrompere chiedere un sostegno psicologico può essere di grande aiuto.
Molti mettono in discussione i propri modelli genitoriali acquisiti, in maniera automatica, senza esserne consapevoli, in maniera implicita: questo comportamento lo ripeto perché ricordo quanto mi facesse stare bene in passato e questo altro comportamento lo cambio perché mi aveva fatto soffrire molto. Non sempre si riesce però a farlo.
In conclusione, è necessario imparare ad osservare con attenzione i propri comportamenti, ciò ci potrà aiutare ad esaminare la nostra esperienza come genitori.
Si potrà imparare ad auto-educarsi, ad avere un pensiero adeguato, predisponendo la mente a riflettere positivamente; interrogandosi di continuo, ponendo domande a sé stessi sull’adeguatezza dei propri comportamenti. Non dimenticando di mettersi in discussione, confrontandosi, nei momenti di difficoltà, con altri, per riuscire a vedere ciò che non ci è chiaro, i propri automatismi o le abitudini negative che non riusciamo ad interrompere.
La dott.ssa Giovanna Carnazza è Psicologa e Psicoterapeuta
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