12 Mar Psicoterapia e Kintsugi
Psicoterapia e Kintsugi. Tecnica e metafora della riparazione
Psicoterapia e Kintsugi. Che cos’è il Kintsugi e perché ne voglio parlare.
Il Kintsugi è una tecnica artigianale giapponese di restauro delle ceramiche rotte. Si incollano le parti con una resina laccata che poi viene ricoperta di polvere d’oro. Il risultato è estremamente suggestivo e grazie ai materiali preziosi utilizzati l’oggetto ne risulta impreziosito.
Di questi tempi, e soprattutto in occidente si parlarla molto di Kintsugi, molti lo conoscono e lo apprezzano, se ne utilizza e amplifica il potente significato simbolico, e non di rado viene proposto l’accostamento tra Psicoterapia e Kintsugi.
Vorrei quindi provare a raccontarvi un po’ di storia del Kintsugi, partendo dalla leggenda da cui nasce.
Ringrazio Chiara Lorenzetti per avermi permesso di utilizzare l’immagine di una sua opera come immagine di copertina
Psicoterapia e Kintsugi. La leggenda…
Il periodo in cui si presume sia nata questa leggenda è il XV secolo, secondo la tradizione la tecnica Kintsugi è stata inventata quando Ashikaga Yoshimasa ottavo Shōgun della dinastia degli Ashikaga ruppe la sua tazza di the preferita e, disperato, la inviò in Cina per farla riparare.
Perché in Cina?
Perché proprio Cina vi era un’importante cultura della lavorazione della ceramica, che il Giappone solo in un secondo tempo importò.
La tazza fece un lungo viaggio ed infine tornò nelle mani del suo proprietario, tornò sì restaurata, ma, come era uso all’epoca, i pezzi erano uniti tra loro con legature metalliche assai brutte. Ashikaga Yoshimasa non si diede per vinto e affidò la tazza ad alcuni artigiani giapponesi che impressionati e commossi da tanta risolutezza e dal valore che Ashikaga Yoshimasa rendeva alla tazza, decisero di fare un tentativo. iempirono le crepe con lacca Urushi, una lacca di origine vegetale di grande pregio, e successivamente le ricoprirono con polvere d’oro. Questa operazione rese la tazza un oggetto estremamente prezioso e lo Shōgun ne fu felice.
Psicoterapia e Kintsugi. L’idea di perfezione che ci blocca e ostacola
Nella nostra concezione di restauro siamo a lungo rimasti legati all’idea della perfezione, al restauro cosiddetto “integrativo” cioè la parte restaurata non si deve vedere.
Solo in tempi relativamente recenti si è incominciato a parlare di restauro “conservativo” dove si intende un insieme di operazioni finalizzate a eliminare (o attenuare) le cause che provocano il deterioramento di un’opera, per esempio negli affreschi la parte restaurata viene evidenziata con un colore.
Fatichiamo ad accettare le tracce del tempo che, per esempio nel corpo lasciano inevitabili segni, crediamo che l’imperfezione testimoni debolezza, e le cicatrici dell’anima e del corpo divengono fonte di turbamento e per ciò tendiamo ad ignorarle o, più spesso, a nasconderle.
Il lavoro che la psicoterapia si prefigge è proprio quello di riconoscere le proprie ferite, vederle, guardarle in faccia senza paura, e imboccare la strada della riparazione, una riparazione, che come una ceramica Kintsugi, ci rende più forti, più “preziosi”.
Insomma in quest’ottica potremmo accostarla ad un’arte, l’imperfetto, il difetto diviene bellezza, unicità.
È qui che Psicoterapia e Kintsugi s'incontrano in un territorio simbolico che restituisce valore all'entità singolare.
Psicoterapia e Kintsugi. Mottainai
Voglio aggiungere un’ulteriore suggestione; è uno spunto che ancora arriva dal lontano Giappone, ed è connesso alla visione buddista della bellezza.
Infatti la leggenda legata al recupero funzionale ma anche e soprattutto estetico che fu creata da alcuni artisti-artigiani che permisero la rinascita della tazza che Yoshimasa usava per la cerimonia del the ci rimanda ad un altro ideale tutto giapponese che ha il nome di Mottainai.
Potremo, seguendo il filo rosso del significato di questa parola accorgerci di come sia vivida e forte la metafora e il rimando simbolico al lavoro che lo psicoterapeuta conduce nel suo studio.
Mottainai sta a significare la tristezza per lo spreco di oggetti materiali, lo spreco di tempo e lo spreco di ogni altra risorsa che abbia un valore e sia preziosa.
Possiamo quindi per analogia dire che tutto ciò che nel corso della psicoterapia emerge può essere utilizzato e considerato una preziosa risorsa da non sprecare.
Nella tradizione scintoista di cui è pervasa la cultura giapponese, gli oggetti hanno una loro anima, Mottai si riferisce dunque alla dignità intrinseca di un’entità materiale il cosiddetto “corpo inevitabile” mentre nai indica assenza o mancanza.
Secondo la tradizione buddista quindi mottainai indica il dispiacere per lo spreco o l’abuso di qualcosa che ha una sua sacralità ed è quindi degno di rispetto.
Questo rispetto viene sottolineato nel caso del Kintsugi con l’impiego dell’oro.
Ancora, passeggiando sul ponte della metafora, possiamo augurarci di poter guardare le cicatrici causate dalle nostre “rotture” con il riguardo che si deve a qualcosa degno di considerazione, a qualcosa che ci permette ora di essere quello che siamo nella nostra preziose singolarità non irripetibile, proprio come un’opera d’arte.
Psicoterapia e Kintsugi. Una segnalazione
Vi segnalo un’iniziativa, unica nel suo genere, che va proprio in questa direzione e che ritengo molto interessante.
Presso la Breast Unit degli Ospedali Civili di Brescia sono stati attivati laboratori di Kintsugi, destinati alle pazienti oncologiche in cura o che hanno cicatrici dovute agli interventi. La ferita dell’oggetto rotto, comparata alla ferita degli interventi subiti, diviene forte insegnamento psicologico e filosofico.
La dott.ssa Giovanna Carnazza è Psicologa e Psicoterapeuta
Chiara Lorenzetti
Posted at 22:06h, 24 OttobreBuonasera.
Interssante articolo. La ringrazio per aver usato una delle mie opere come copertina; le chiedo gentilmente di inserire l’autore
Chiara Lorenzetti, Kintsugi Chiaraarte.
Saluti